“Ci sono cose da non fare mai: per esempio, la guerra”. Con queste parole, quasi 40 anni fa, Gianni Rodari spiegava ai bambini qualcosa di semplice, di ovvio.

 

Eppure ancora oggi la parola guerra è parte del racconto della nostra quotidianità, è ancora dentro la nostra Storia. Ad oggi sono quasi 60 le guerre attive nel mondo. Sono tutte diverse per cause, origini, sviluppi ma allo stesso tempo sono tutte uguali: provocano morte, sofferenza, privazione, negazione di ogni diritto.

 


Nonostante siano evidenti le sue terribili conseguenze, si continua a scegliere la guerra come possibilità, come strumento di risoluzione. Ma le guerre non risolvono, le guerre distruggono. Non esistono guerre giuste. Esiste la guerra, che è l’antitesi della giustizia e della solidarietà. 

 

La guerra nasce dal silenzio, dall’assenza di dialogo, dalla costruzione di muri dove dovrebbero esserci ponti, dall’idea che la guerra c’è da sempre e sempre ci sarà. Dobbiamo rovesciare, però, questa dinamica e lo dobbiamo fare attraverso l’azione concreta. Dobbiamo far sentire la voce di chi crede realizzabile un futuro senza guerre. 

 

Il percorso che ci attende è complicato, richiede impegno e costanza, ma non è da considerarsi utopico. Nonostante la compravendita di armi rappresenti uno dei business più proficui per industrie e governi e come tale venga “preservato”, non possiamo smettere di credere che un domani senza violenze sia possibile e necessario. 

 

Vogliamo eliminare la guerra? Non continuiamo dunque a pensare alla pace come un desiderio nobile, ma irrealizzabile. Rendiamo la pace un obiettivo concreto. Smettiamola di immaginare la pace solo attraverso le sue bandiere e i suoi gessetti colorati. Vogliamo fermare la guerra? Allora fermiamo la produzione e la vendita di armi e accettiamo la necessità impellente di un cambiamento radicale e culturale nella nostra società.

 

Comprendere le dinamiche umane di disuguaglianza, così come i propri privilegi è il primo passo per poter scardinare quotidianamente il paradigma dominante.

 

E allora facciamoci disertori per oltrepassare le frontiere che criminalizzano le richieste di diritti di chi è costretto a migrare.

 

Disertiamo l’idea della guerra e abbattiamo i muri che crea. Facciamoci costruttori di dialogo a partire dalle nostre comunità, per un futuro solo non dalla guerra! 

 

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