11 Giu Giordania, criticità di un’istruzione non per tutti
da Amman, Lucia Dall’Asta
Ad oggi circa la metà della popolazione in Giordania – su un totale di 11 milioni di abitanti – ha meno di 25 anni con 1.4 milioni di bambini in età scolare. L’accesso all’istruzione registra percentuali molto positive: con circa il 98 % dei bambini e il 97 % delle bambine che frequentano la scuola primaria. Per la scuola secondaria, invece, le percentuali scendono attorno all’86% per i maschi e all’89% per le femmine.
Nonostante i dati relativi alla frequenza siano incoraggianti, non sono poche le criticità del sistema scolastico giordano che hanno conseguenze anche sul mondo del lavoro: il Paese registra un alto tasso di disoccupazione giovanile dovuto in buona parte alla scarsa preparazione offerta dalla scuola rispetto alle competenze richieste dal mercato del lavoro.
L’aumento repentino della popolazione e il notevole numero di rifugiati arrivati in Giordania dagli Stati limitrofi, inoltre, ha messo ancor più a dura prova il sistema scolastico.
Una situazione che ha portato, nel 2018, il Ministero dell’Educazione ad avviare un piano strategico quinquennale per assicurare a tutti l’istruzione di base (primaria e secondaria inferiore). Dagli ultimi dati disponibili di Unicef, però, emerge che circa 112 mila bambini tra i 6 e 15 anni non hanno ancora accesso all’istruzione di base in Giordania: di questi un’alta percentuale è formata da bambini di nazionalità non giordana (oltre 70 mila tra siriani e altre nazionalità contro i 40mila giordani).
La percentuale di bambini che abbandonano la scuola si aggira attorno al 9% nella secondaria inferiore (dai 12 ai 15 anni ) e al 5 % nella primaria (dai 6 agli 11 anni). Mentre circa 40mila bambini dai 6 ai 15 anni sono a rischio dispersione scolastica, ossia circa il 2 % del totale.
La provenienza da contesti difficili e poveri porta molti bambini a dover abbandonare la scuola ancora prima di completare l’istruzione di base. Nonostante l’istruzione sia gratuita, sono le famiglie, giordane e non, a farsi carico delle spese del materiale scolastico e del costo dei trasporti. Per molti, specie per le famiglie di rifugiati, investire nell’istruzione non garantisce un ritorno economico in quanto non è un “investimento” facilmente spendibile nel mercato del lavoro. Ad esempio, per i siriani l’accesso a molti impieghi è impedito da ostacoli di natura legale e quindi l’educazione viene considerata un’opportunità vuota e fine a se stessa.
Non mancano, poi, le problematiche relative all’accessibilità delle infrastrutture scolastiche, il sovraffollamento delle classi e la scarsa formazione del personale docente.
Tre anni fa il Ministero dell’Educazione ha avviato un ulteriore piano strategico che dovrebbe portare alla costruzione di circa 100 scuole all’anno per i prossimi 10 anni per far fronte anche al problema dell’inclusione delle persone con disabilità, mettendo a disposizione spazi accessibili.
Ad oggi, però, queste criticità sono ancora persistenti: le aule delle scuole, soprattutto nelle aree urbane, non sono sufficienti ad accogliere tutti gli alunni. Il corpo insegnanti è sotto organico e spesso non ha la necessaria preparazione per poter rispondere a tutti i bisogni di apprendimento.
In particolare quest’ultimo aspetto finisce per mettere in difficoltà gli studenti con specifiche esigenze che necessitano di un supporto maggiore o più puntuale. Inoltre, nonostante le punizioni fisiche siano vietate, sono ancora frequenti episodi di violenza fisica e verbale da parte degli insegnanti nei confronti degli studenti. La mancanza di percorsi di formazione per insegnanti e il sovraffollamento delle classi non fanno che acuire questi atteggiamenti, spesso tollerati anche dalle famiglie.
‘Molte scuole non hanno strutture o personale adeguatamente formato, quindi nessuno può prendersi carico dei bambini disabili. E molte famiglie non possono permettersi cure specifiche per i loro figli.’ Ci ha raccontato Farah, che lavora come insegnante in una scuola di Amman.
Provenire da una famiglia povera, essere rifugiato o avere delle disabilità in Giordania impedisce in molti casi di accedere all’istruzione. L’inclusività e l’accessibilità all’istruzione non vengono garantiti a tutti i bambini e a tutte le bambine, rappresentando punti dolenti del sistema scolastico giordano.
Secondo l’ultimo censimento del 2015, l’11% della popolazione ha una disabilità, di cui il 6,1% dei bambini di età compresa tra i 5 e i 17 anni con una disabilità da lieve a grave e l’1,3% con una disabilità acuta.
Nel 2019 il dipartimento di statistica ha rilevato che sono circa 21 mila gli studenti iscritti a scuola ad avere una disabilità, mentre altri 5.859 sono iscritti a centri e istituzioni gestite dal Ministero per lo sviluppo sociale.
Sono i bambini maschi affetti da disabilità ad avere la peggio: su di essi si abbatte uno stigma sociale molto forte, frutto dell’alto rischio di venir bullizzati e delle alte aspettative che le famiglie ripongono sui bambini maschi. Di conseguenza si finisce per isolarli e destinare loro poche e scarse risorse senza dare peso alla loro effettiva istruzione.
Tuttavia nel Paese sono state avviate delle politiche attive in tema di disabilità, comprendendo la legge sui diritti delle persone con disabilità del 2017, il piano strategico del 2020 che punta ad un’educazione inclusiva entro il 2031 e il già citato Piano strategico del Ministero dell’Educazione per accrescere l’accesso al sistema scolastico da parte dei bambini con disabilità, anche rifugiati.
Ad oggi, 150 scuole in Giordania, compresi i campi formali che ospitano rifugiati, sono attrezzate per supportare l’apprendimento dei bambini con disabilità e la maggior parte è supportata dall’UNICEF e dalle ONG, ma non dal governo.